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Manca un mese!

Manca un mese esatto all’uscita di “Un giorno perfetto per innamorarsi”!
In tutta sincerità, non mi è venuto in mente niente di particolarmente geniale o brillante per il titolo, per cui ci siamo tenuti quello con cui è andato in prenotazione il libro. Ho speso tutta la mia vena brillante per il romanzo e non mi è rimasto niente per il titolo. Ma mi pareva il male minore… 🙂

E per festeggiare la quasi-uscita, ecco il momento dell’incontro tra Kayla e Greyson.

Il mio scrutare l’orizzonte viene però bruscamente interrotto da un rumore di freni. Sobbalzo per lo spavento, mentre un pick-up scuro si accinge a parcheggiare proprio dietro la mia macchina.
E la polvere, che finalmente si era posata per terra, mi avvolge una seconda volta. Dannazione.
«E che palle!», mi viene da esclamare come prima cosa. Il secondo istinto è invece quello di correre a prendere la mia borsa rimasta in macchina e di cercare lo spray urticante, perché non si sa mai quale psicopatico possa nascondersi sul ciglio di una strada. Specie se polverosa.
Per noi newyorkesi tutto è sospetto. L’assassino seriale è sempre dietro l’angolo. E data la mia solita fortuna, potrei averne incontrato uno appena messo piede in questo Stato dalle piazzole discutibili.
Dalla macchina sbuca un tizio il cui abbigliamento ha visto giorni migliori: un paio di jeans al cui confronto quelli che io consideravo vecchi possono tranquillamente durare un altro decennio, una maglietta nera alquanto impolverata, stivali in condizioni pessime, un cappello da cowboy ben calzato in testa e occhiali scuri.
Cappello da cowboy nel 2015? Qualcuno avrebbe dovuto avvisarlo che questo non è il Texas. Io, così, non mi farei vedere in pubblico nemmeno morta.
La mia espressione è un misto di preoccupazione per l’eventuale pericolo e divertimento nell’avere di fronte un uomo così diverso dal solito esemplare metropolitano. Se mi è permesso giudicare dalla maglietta attillata, sarà anche un serial killer, ma con dei muscoli notevoli. Non che questo serva a migliorare la situazione… Ma a chi voglio darla a bere? Aiuta eccome!
Lui pare accorgersi della mia postura rigida e si toglie cappello e occhiali, come per rassicurarmi. Il suo volto, se non altro, mi fa stringere un po’ meno forte la mia borsetta e il suo prezioso contenuto. Forse, dopotutto, lo spray al peperoncino potrà attendere.
Ha dei capelli biondo scuro tagliati in modo molto ordinato. Sono corti, sono pratici, e trovo che gli si adattino alla perfezione. Gli occhi, invece, sono tutt’altra cosa e di pratico hanno ben poco: sono di un azzurro molto chiaro, che mi ricorda in qualche modo quelli della mia amica Amalia. Un uomo con occhi così belli non può essere uno psicopatico, vero?
«Hai bisogno d’aiuto?», mi chiede osservandomi. La voce è profonda e senza alcun accento. Cosa piuttosto sospetta da queste parti.
Sbatto le ciglia, perplessa. Chiedere o non chiedere, questo è il dilemma.
«Ho notato la tua macchina e pensavo fossi in difficoltà», aggiunge di fronte al mio prolungato mutismo.
Se possibile, la mia espressione diventa ancora più guardinga. Non sono abituata a che perfetti estranei si fermino per offrire il loro aiuto. Dove vivo io, queste cose non succedono.
«Sei un serial killer?», gli domando serissima.
Invece di offendersi o di darmi un colpo in testa, lui scoppia a ridere, rivelando una fila di denti perfetti. «Non trovi che, se anche lo fossi, difficilmente te lo confesserei?», chiede, visibilmente divertito.
«Il mondo è pieno di pazzi. Ci sono anche quelli che preferiscono terrorizzare le loro vittime», ribatto decisa.
Lui scuote la testa incredulo. «Sai qual è il problema di questo Paese?». Fa un mezzo passo nella mia direzione. Quasi senza volerlo, indietreggio.
«Il fatto che i cinesi detengano una fetta così elevata del nostro debito pubblico?», provo a tirare a indovinare. Dico cose strane quando sono sotto stress. Incredibilmente sensate. È un bene che sia tesa di rado.
Il suo sguardo diventa incredulo. Sì, non la classica risposta che uno si potrebbe attendere, questo lo devo riconoscere.
«Tu non sei di queste parti». La sua è un’affermazione convinta.
«Cosa, solo perché ho nominato i cinesi?», sorrido mio malgrado.
«Perché hai tirato in ballo il debito pubblico. Non conosco una sola persona di qui che lo farebbe».
Va bene che scrivo di Cosmopolitan e prime teatrali quando è il mio giorno fortunato, ma non sono l’unica cosa che conosco. Gli sorrido serafica, senza specificare altro. Meglio non dare eccessiva confidenza agli sconosciuti.
«E comunque no, il vero problema del Paese sono i telefilm che vengono trasmessi. Tra terroristi e serial killer, la gente è portata a vedere criminali ovunque», mi spiega paziente. Non mi sento di dargli torto.
«Insomma, mi stai dicendo che tu non appartieni a nessuna delle due categorie». Mi rendo conto di essermi molto rilassata. Questo tizio è quasi divertente. E gli psicopatici non sono in grado di sostenere una conversazione e di apparire così a loro agio. O almeno, così spero.
«Giuro solennemente. A nessuna delle due categorie», mi conferma mettendosi la mano sul cuore con fare teatrale. «Allora, in cosa posso aiutarti?».
Ha davvero un gran bel sorriso. E io ho da sempre problemi a respirare normalmente in presenza di uomini simili. Cerco di smetterla di fissarlo come farebbe un alcolista di fronte a una bottiglia del migliore whisky e mi concentro sul mio problema attuale. «Non riesco a capire dove mi trovo…», ammetto sconsolata.
«Hai mai pensato di usare il GPS?», domanda ironico. «Ho sentito dire che gli tutti i moderni telefoni ne sono provvisti».
Ok, figo è figo. Ma questo non gli dà il permesso di prendermi in giro.
«Ma certo. E pensa un po’, succede anche che i moderni aggeggi si scarichino a tradimento», mi difendo incrociando le braccia sul petto.
Lui solleva un sopracciglio, espressione incredula. «Perché voi donne passate un sacco di tempo attaccate a quei cosi. Sempre a scrivervi chissà cosa…».
«Voi uomini ci fornite sempre ghiotti argomenti di conversazione».
«Ah, non ne dubito».
«E almeno noi comunichiamo…». L’argomento mi sta a cuore, evidentemente.
«Certo. Così rimanete senza carica in una zona a voi del tutto sconosciuta», conclude.
Touché.
In effetti è una scocciatura non da poco.
«Sì, sono senza carica. Ma questo Stato non mi è poi così sconosciuto», mi viene da difendermi. «Io sono nata qui», gli confesso prima di riuscire a ragionare su quello che sto facendo. Di solito tendo a non ammetterlo nemmeno sotto tortura.
«Tu? In Arkansas?». E scoppia a ridere a crepapelle.
Lo fisso pronta all’attacco. «Be’, cosa ci sarebbe di tanto strano?».
Smette di sghignazzare giusto il tempo per squadrarmi dalla testa ai piedi. «Partiamo dalle scarpe… Nessuna donna con un minimo di raziocinio si metterebbe dei trampoli simili. Almeno, non se è davvero dell’Arkansas».
«Cos’hanno le mie scarpe che non va?», esclamo offesa, sollevando un piede per ispezionarle.
«Che razza di colore è?», domanda impertinente.
«Blu elettrico», rispondo offesa. Voglio dire, mi pare ovvio.
«Appunto. Ma che razza di colore è il blu elettrico? E la borsa…».
La stringo forte sul petto con fare possessivo. Forse, dopotutto, lo spray al peperoncino potrebbe non essere così sprecato su di lui.
«Cos’è? Prada? Gucci?», chiede divertito.
Rimango interdetta in attesa di elaborare l’informazione che il cowboy qui davanti sembra, se non altro, conoscere l’esistenza di Prada e Gucci. La globalizzazione deve essere arrivata davvero ovunque.
«No, è una Céline», lo correggo altezzosa.
«Blu elettrico», aggiunge lui, sorrisetto beffardo sempre al suo posto.
«Certo! Se indosso delle scarpe blu elettrico è auspicabile che abbia anche una borsa dello stesso colore. Non sono mai stata una grossa fan degli abbinamenti azzardati e contrari. Sono una purista. Razza in via di estinzione, in fatto di moda. Comunque, nel mio caso, prima è arrivata la borsa e poi ho cercato le scarpe adatte. Non è stato affatto facile trovarne della tonalità giusta». Non so bene perché gli stia raccontando i fatti miei. È evidente che tutta questa polvere deve avermi danneggiato il cervello. Oppure potrebbe essere l’aria dell’Arkansas: la mancanza di smog metropolitano si sta facendo sentire.
«Chicago?», mi chiede poi, senza ulteriori giri di parole.
«No…».
«Los Angeles?», riprova deciso.
Spalanco gli occhi. «Ma secondo te ho un’abbronzatura californiana?», domando offesa.
«E cosa ne so, potresti essere una di quelle pazze integraliste che non si espongono mai alla luce del sole per non danneggiare la pelle ed evitare l’invecchiamento precoce!», si difende.
Sì, ha ragione. In effetti potrei esserlo. Ma si dà il caso che non lo sono! Sono solo pallida!
«New York», gli confesso prima che possa andare avanti con le sue ipotesi assurde.
«E pensare che era la risposta più banale…», commenta ridendo.
«Sì, be’, ora che abbiamo discusso a sufficienza delle mie scarpe e della mia borsa, entrambe di un colore a te non gradito, possiamo cortesemente passare al problema che mi sta più a cuore? Almeno al momento. Dove diavolo siamo?». Inizio ad avere le scatole piene di rimanere ferma immobile a respirare polvere.
«Siamo sulla Statale 65», mi concede magnanimo.
Esattamente quello che speravo di sentire. La prima buona notizia della giornata.

7 thoughts on “Manca un mese!

  1. nononononono ma ti pare?
    cioè già mi spoilero mille serie tv, una su tutte Castle, topppissimaaa (sn fuori di testa lo so) ahahah
    posso mai spoilerarmi anche un libro?
    nonono mi tenti, lo ammetto, ma resisto! cosa sarà mai un mese?? aahhahah
    quindi posso segnarmi sull’agenda: 4 Giugno andare in libreria e 5 giugno finire libro (se non l’ho finito il giorno prima)?
    non vedo l’ora!!
    Vale

    1. Haha, guarda che è solo un piccolo pezzetto! Non spoilera quasi niente, se non il fatto che si inizia a intuire di che pasta è fatta Kayla. 😉

      1. mmmmmm okok..per ora resisto..ihihih
        (fino a domani)
        mi sa che prima di giugno mi rileggo qualche tuo libro..e mi ripasso anche il “personaggino” della nostra cara Kayla 🙂
        giusto per ammazzare il tempo no? 🙂

        1. In effetti questo libro su Kayla non era nei miei progetti iniziali. Ma mi sono presa una specie di cotta letteraria per lei. Mi piace molto il suo essere molto concreta e il suo non prendersi mai troppo sul serio.

  2. Meraviglia! Ho appena capito che “Un giorno perfetto per innamorarsi” è in qualche modo collegato con “Finchè amore non ci separi”…wooow…corro subito a cercarlo! Colgo l’occasione per leggerlo e per prepararmi alla nuova uscita di cui mi sono già incuriosita…ottimo 🙂 trovo sia il modo perfetto per cominciare le letture estive 😉

    1. Ebbene sì, Kayla compare per la prima volta in “Finché amore non ci separi”, ma solo come personaggio secondario. Indubbiamente deve aver fatto scattare qualcosa in me in quel libro, perché, pur avendo scritto poi altro, ho sentito il bisogno di tornare di nuovo a concentrarmi su di lei. In ogni caso i due libri si possono anche leggere separatamente.

  3. L’inizio è molto promettente, complimenti!
    Non vedo l’ora che sia il 4 giugno …
    In bocca al lupo e un abbraccio 🙂

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